Nel mese di luglio il Sole attraversa il prolifico segno del Cancro governato dalla Luna. La natura dopo aver celebrato il matrimonio dei fiori, sperimenta il risultato dell’amore e produce frutti. Dopo il Solstizio d’Estate, le piante si riproducono e generano semi, è tutto un movimento di lattici, di liquidi e di umori per nutrire i frutti, a cui presiede la Luna. Essa è da sempre associata alla Madre Terra, alla Grande Madre ed ha assunto diversi nomi nelle ere e culture prima di noi. Nell’antica Babilonia era chiamata Ishtar, era la dea della fertilità, della riproduzione e della crescita dei prodotti dei campi, degli animali e dell’uomo. Fu Iside, in Egitto, sovrana di tutti gli elementi. Diana sorella del dio solare Apollo nel mondo greco-romano. Alla Luna ci si riferiva con nomi differenti poiché aveva aspetti multiformi: Demetra, dea generosa che fa maturare il grano, prese il nome di Selene, la luminosa con in capo una falce di luna e ancora fu chiamata Ecate e Lilith, la luna nascosta, la luna nera. La sua assenza non è mai definitiva, essa è soggetta ai cicli, scompare e riappare come l’uomo che è sottoposto alle leggi del nascere e del morire.
La Luna, signora delle maree, governa le acque compresa la pioggia, presiede anche alla vegetazione e alla fertilità, in essa possiamo osservare per analogia l’intero ciclo della vita dell’uomo, nel nostro corpo ha a che vedere con due grandi organi: lo stomaco e l’utero. Tutti i liquidi corporei compresa la linfa e le secrezioni sono sotto il controllo della Luna, essa presiede ai cicli mestruali, alla gestazione, alla crescita del feto e all’allattamento ed influenza con le sue quattro fasi, la donna in tutto il suo percorso riproduttivo.
All’alba dei tempi quando gli uomini da raccoglitori divennero agricoltori, impararono che il regno vegetale è collegato ai cicli lunari, sperimentarono la sintonia dei cicli lunari con quelli vegetali. La Luna fu un archetipo da imitare, infatti i primi calendari erano lunari e avevano i mesi di ventotto giorni e mezzo. Gli agricoltori rispettavano il lunario: per il lavoro nei campi, la semina, i trapianti, il raccolto, l’allevamento del bestiame, la vendemmia, il mosto, la conservazione delle provviste ecc. Le donne sapevano che il loro ciclo era sincronizzato con la luna, come la nascita, la dentizione e le malattie dei bambini, inoltre conoscevano le giuste fasi per tagliare i capelli, raccogliere certe erbe piuttosto che altre per curare i familiari, ecc. Al contempo le fasi lunari scandivano la vita della comunità, nascite, matrimoni, fidanzamenti, feste stagionali erano momenti di aggregazione, in cui ci si ritrovava attorno al fuoco condividendo cibo, canti e balli.
Rudolf Steiner fondatore dell’Antroposofia e Maria Thun hanno dedicato tutta la loro vita ad osservare il comportamento delle piante nelle varie fasi lunari, le hanno correlate con la Luna e gli astri, e ci hanno dimostrato che viviamo in un cosmo pieno di energie e forze naturali che accompagnano tutti i regni nella loro crescita compresi noi, che ne siamo consapevoli o meno. La Luna ci insegna la ciclicità che comprende la vita, la morte e la rinascita.
L’utero, organo lunare per eccellenza, è la matrice, il nido in cui la vita matura al buio poiché ogni creazione deve avvenire nell’oscurità, altrettanto in natura, dove ogni seme viene deposto nella terra in assenza di luce per germogliare ed uscire in superficie. Il processo di seminagione deve seguire determinati cicli cosmici il cui ritmo è dato dalla Luna che analogicamente presiede agli organi della riproduzione.
L’archetipo del nutrimento è il latte, il seno della puerpera è fortemente segnato dalla Luna così come lo sono le piante ricche di lattici e mucillagini, piante tenere che assorbono l’acqua come spugne: le bietole, i cavoli o piante calmanti come il papavero e la lattuga. Piante che curano le infiammazioni delle mucose e della pelle come il cetriolo, la malva, l’altea o che mitigano gli eccessi sessuali come il salice.
Sono lunari anche le piante con frutti globulari come il fico che è simbolo per eccellenza di fecondità. Emblema della luce, della vita e della conoscenza, il fico rappresenta l’abbondanza e l’immortalità.
Nella mitologia greca il titano Sykeus per sottrarsi a Zeus che lo stava inseguendo si sarebbe rifugiato presso la madre Gea, la Terra. Questa lo avrebbe accolto nel suo grembo e successivamente generato sotto forma di un albero con lo stesso nome del figlio, così nacque il fico sulla terra.
Per la dottrina delle segnature di Paracelso la forma di questo frutto richiama simboli sessuali: il seno e l’utero per la donna ed i testicoli per l’uomo mentre il lattice che esce dal picciolo dei frutti immaturi richiama il latte materno e lo sperma. Analogicamente i semini all’interno del fico possiamo identificarli con gli ovuli e con gli spermatozoi.
Il nome scientifico di quest’albero è Ficus Carica, è un albero apprezzato per l’abbondanza dei suoi frutti e per la sua longevità, appartiene alla famiglia delle Moracee, le foglie sono dotate di un lungo picciolo, sono grandi, larghe, coriacee, ruvide con tre o cinque lobi, nella pagina inferiore hanno nervature marcate e sono caduche. I fiori sono molto piccoli e collocati all’interno di quello che noi consideriamo frutto, il siconio; i fiori fecondati daranno origine ai veri frutti: semini, granellini dolci che si chiamano acheni. Per la precisione il siconio è una camera vuota rivestita di piccoli fiori, la fecondazione avviene con l’aiuto di una piccola vespa di due millimetri che vi entra attraverso un’apertura nella parte inferiore, attratta dalle sostanze volatili emesse dai fiori.
Il fico è presente allo stato selvatico sia come caprifico, pianta maschio che produce frutti non edibili, sia come fico domestico con frutti commestibili, il secondo presenta solo fiori femminili e produce tre generazioni di frutti per anno: i fioroni, pochi e decisamente grandi che si formano in autunno e maturano nella tarda primavera, i fichi veri che sono più piccoli e si raccolgono nella tarda estate ed i tardivi di ottobre. Il succo latteo che sgorga si chiama ficina ed è simile al succo pancreatico, è irritante per la pelle e le mucose della bocca, è utile per debellare calli e verruche.
I fichi sono ricchi di vitamina A, B, C e PP, sono alcalinizzanti, molto digeribili e facilmente assimilabili, i loro numerosi granuli stimolano dolcemente la peristalsi intestinale per l’elevato contenuto di lignina. Sono molto zuccherini ma nutrienti, rientrano nelle diete degli sportivi, contengono inoltre molta acqua e pochi grassi. Questo frutto, ricco di calcio è consigliato per la prevenzione dell’osteoporosi, per i convalescenti e per i bambini, perché favorisce lo sviluppo delle ossa e dei denti. Le donne incinte ne traggono beneficio per il suo contenuto di acido folico. Sono ricchi di magnesio e di potassio che fanno bene alla pelle e al cuore. Il fico ha proprietà anticancro ed antianemiche, un etto di fichi copre il 30% del fabbisogno giornaliero di ferro. Il colore rosso all’interno dei frutti indica la presenza di antociani mentre il colore giallo testimonia la presenza di caroteni.
SE IL FICO PARLASSE…
Non per vantarmi, ma io Signor fico, sono un frutto divino, paradisiaco, sono una tra le piante più sacre al mondo dall’inizio della storia umana, celebrato con riti sia in oriente che in occidente. Si dice che sia io l’albero della conoscenza del bene e del male di cui si parla nella Bibbia, l’albero dell’Eden da cui Eva mi colse. Sono io e non la mela, il frutto proibito che aprì loro gli occhi! Si dice che mangiandomi Adamo ed Eva furono iniziati ai misteri della sessualità di cui non dovevano essere a conoscenza. Si coglie l’analogia con la mia pianta simbolo di generazione ed è proprio con una mia foglia che i nostri progenitori si ricoprirono scoprendosi nudi.
Dovete sapere che le mie origini derivano dalle zone dell’Asia Minore e della Palestina ben undicimila anni fa, sono più antico del grano e del farro. La mitologia narra che crescessi solo sull’Olimpo e che fossero solo gli Dei a potersi nutrire con il mio frutto, un giorno però Demetra scesa sulla Terra mi regalò ad un uomo che l’aveva aiutata, in questo modo mi diffusi in tutte le zone toccate dal mar Mediterraneo.
Nelle sacre scritture ci sono ben quarantaquattro versi che parlano di me perché ho una ricca simbologia. Anche Gesù mi nomina nelle sue parabole come quella del fico seccato, ricco di foglie ma non di frutti o quella del vignaiolo che cerca i miei frutti sull’albero ma non li trova, facendo intendere ai suoi discepoli che la spiritualità si deve coltivare e nutrire. I greci mi adoravano come pianta sacra e mi consideravano un frutto erotico per l’analogia con le parti del corpo addette alla riproduzione. Il mio albero era sacro ad Atena, dea della saggezza, a Dioniso, dio del vino e a Priapo dio della fecondità.
Si racconta che chi raccoglieva i miei frutti dalle piante sacre per cibarsene era punito per aver commesso un sacrilegio, a questo scopo fu istituita una corporazione detta dei “sicofanti” che aveva il compito di denunciare chi si macchiava di questi crimini. Un’altra ipotesi parla dei “sicofanti” come di coloro che erano iniziati ai riti dionisiaci in cui ero presente sia con i miei frutti che con il legno del mio albero intagliato a forma di fallo in onore di Dioniso Dio di energia fecondatrice.
Omero nell’Odissea parla del mio lattice, succo con cui il gigante Polifemo faceva cagliare il latte per produrre i suoi formaggi. Nella mitologia egizia si parla di me riferendosi al sicomoro, ero considerato un albero simbolo dell’immortalità, ero l’albero della vita che testimoniava l’alleanza con le forze superiori, il mio legno era usato per la fabbricazione dei sarcofagi perché si riteneva che seppellire un defunto in una cassa di legno di fico lo aiutasse nel viaggio nell’aldilà.
A Menfi si trovava un mio albero, vicino al tempio di Ptah, dove secondo la tradizione abitava la dea Hathor rappresentata nascente dal mio tronco nell’atto di nutrire con i miei frutti i defunti. La mia storia è lunga perché sono una tra le specie vegetali più amata ed onorata dell’intera storia umana, in epoca romana al centro del Foro c’era il ficus ruminalis – Plinio il Vecchio ci narra che furono le radici di questa mia pianta a bloccare la cesta lanciata nel Tevere contenente Romolo e Remo – per secoli sul Palatino si protesse questo albero sostituendolo subito con un altro se si seccava, a testimonianza della nascita e dell’espansione di questo grande impero.
La mia storia ha percorso tutte le religioni e ne sono fiero! Il profeta Maometto avrebbe giurato sotto una mia pianta e da allora per la religione islamica venni considerato l’albero della vita, mentre nella religione indù si narra che ai miei piedi sia nato il dio Vishnu. Nella religione buddista, rappresento il sacro albero della Bodhi sotto il quale Buddha raggiunse l’illuminazione dopo aver affermato: “possano le mie ossa, la mia pelle e la mia carne dissolversi se non raggiungo il risveglio”. Questo albero è il Ficus Religiosa, un mio parente, dai suoi rami pendono radici aeree che toccando terra formano nuovi tronchi, dopo qualche tempo l’albero principale forma un boschetto che sembra un tempio vegetale. L’albero della Bodhi fu distrutto ma rispuntò, successivamente fu abbattuto diverse volte ma rinacquero sempre nuovi germogli a testimoniare la mia immortalità.
Nella Bhagavad-Gita sono associato a Krishna, Maestro di amore divino, che proclamava “Io sono il fico “. Il mio albero è così significativo che anche l’arte non mi poteva ignorare, sia Michelangelo che Ambrogio Lorenzetti mi dipinsero come l’albero del frutto proibito; compaio anche in una miniatura del Codex Vigilanus che rappresenta il peccato originale, Rubens mi dipinse come l’albero sotto cui furono allattati da una lupa, Romolo e Remo, e compaio in diverse nature morte di pittori famosi come Caravaggio e l’Arcimboldo.
Qual è il mio messaggio per il mondo?
Sono un simbolo di iniziazione spirituale, simbolicamente coloro che mangiano il mio frutto si aprono ai misteri della conoscenza raggiungendo l’illuminazione.
Bibliografia:
- Il Vangelo di Luca
- Il “Serto di Iside” di Angelo Angelini
- “Erboristeria planetaria” di Ferdinando Alaimo
- Il “calendario delle semine” di Maria Thun (2023)
- Immagini Google Search
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