L’uomo non ha un’anima, ne ha solo la potenzialità
Il nome di Georges Ivanovič Gurdjieff è stato circondato da leggende fantastiche. In realtà la sua vita è quella d’un uomo interamente consacrato alla ricerca di una conoscenza perduta e all’arduo compito di farla rivivere ai nostri giorni. Maestro enigmatico e di fondo inconoscibile, Gurdjieff ha fornito stimoli che pochi altri sono stati in grado di dare; per quanto difficile e a volte addirittura impietoso possa essere il suo insegnamento, egli ha detto cose che non si possono leggere senza provare un’emozione profonda, una risonanza autentica. Nella storia del pensiero umano, il “sistema di Gurdjieff rappresenta probabilmente il più grande tentativo individuale di farci intuire il potenziale della coscienza umana. Che vi sia riuscito o meno, l’opera della sua vita ha raggiunto il suo scopo”.
Maestro e taumaturgo, mistico, filosofo, dotato di un magnetismo personale straordinario, di modi selvaggi ed esigenti, Georges Ivanovič Gurdjieff visse ammantato di un alone mitico e magico che ancora oggi, a oltre settant’anni dalla morte, è immutato. Personaggio enigmatico, complesso e spesso contraddittorio, fu per la maggior parte dei suoi allievi un maestro autentico, per altri un avventuriero, pericoloso con il mettere in discussione, tutta la mentalità occidentale. Tuttavia pochi altri sono stati capaci di dare impulsi vigorosi, addirittura sconvolgenti, come lui: il suo insegnamento è interamente teso a destare l’essere umano dallo stato di sonno in cui – egli diceva – normalmente si trova. L’uomo vive come un automa, si muove come una macchina e non riesce a cogliere l’autentica essenza della realtà. Suo compito, diceva ancora, era liberare la coscienza umana dai legami che la tengono avvinta, per consentire lo sviluppo di una nuova coscienza: profonda, autentica e superiore.
Georges Ivanovič Gurdjieff nacque a Gyumri, nell’Armenia Russa il 14 gennaio 1872 Le notizie relative all’infanzia giovinezza e anni precedenti la sua vita pubblica li ha forniti lui stesso nel libro “Incontri con uomini straordinari”. Il padre, una figura importante nella sua vita, era ashtock cioè un narratore e poeta molto apprezzato e conosciuto, egli fu un “fattore spiritualizzante” sul figlio che visse un’infanzia tutta impregnata di racconti e poemi di un lontano passato. Dal padre il giovane Georges assorbì anche il senso morale e l’amore per la vita in ogni circostanza. Greco di origine, Gurdjieff padre era stato un agiato proprietario di greggi, ma in seguito ad un’epidemia di peste aveva perduto tutto il bestiame. Aveva iniziato allora un commercio di legname che però era stato un fallimento per la sua totale mancanza di senso degli affari, quindi si era dedicato alla fabbricazione di piccoli oggetti di legno. Georges che era scolasticamente molto dotato e assai veloce nel preparare le lezioni, lo aiutava nella bottega e ben presto cominciò a guadagnare qualcosa in maniera autonoma facendo piccole riparazione a domicilio. Più tardi farà il mercante di tappeti, divenendo un autentico esperto e svolgerà numero lavori diversi e fantasiosi. Questa formazione manuale e concreta si ritroverà in seguito nel suo insegnamento, che accentuerà sempre l’aspetto pratico oltre a quello spirituale. Un’altra figura importante per Georges fu padre Borsh, arciprete della chiesa militare di Kars, dove la famiglia Gurdjieff si era trasferita in seguito ai dissesti economici. Egli intuì subito le doti particolari del ragazzo e lo fece studiare privatamente, lo iniziò alle tematiche spirituali e gli fece compiere anche studi di medicina e teologia, poiché secondo lui – scrive Gurdjieff – “gli obblighi del prete andavano di pari passo con quelli del medico che deve penetrare l’anima del paziente per essergli realmente di aiuto“.
Nella zona a sud del Caucaso, dove la mescolanza di vari popoli russi, greci, iraniani, tartari, armeni, porta all’incrocio di civiltà e costumi diversi, numerosi avvenimenti convinsero il giovane Gurdjieff che in passato era esistita una conoscenza reale dell’uomo e della natura, la cui traccia era stata cancellata e tuttavia era ancora possibile ritrovarla. Tutta la sua esistenza fu orientata da tale convinzione, ed egli si prodigò a condividerla con uomini animati dal suo stesso desiderio di comprendere il senso della vita umana.
Per molti anni si perdono le tracce di Georges Ivanovic Gurdjieff: sappiamo che intraprese molti viaggi in Asia centrale, Persia, Turkestan, Monte Athos, Mongolia, Tibet in comunità isolate dell’Africa in compagnia dei “cercatori di verità” – come fa riferimento nel libro “Incontri con Uomini Straordinari” – superando inaudite difficoltà, riuscì ad avere accesso a biblioteche rare e a raccogliere in seno ad esse frammenti sparsi di un insegnamento tradizionale. Conobbe personaggi importanti per le sue ricerche come Padre Evlissi, che sarà l’anello che unisce il Metodo di Gurdjeiff al Cristianesimo delle Origini.
Incontri con Uomini Straordinari - cap. 4Bogaevky , o Padre Evlissi… ha la fortuna di essere assistente del padre superiore in un monastero dei frati Esseni, non lontano dalle rive del Mar Morto. Secondo alcune congetture, quest'ordine fu fondato milleduecento anni prima di Cristo. In questa confraternita, si dice, Cristo ricevette la sua prima iniziazione.
Furono anni formativi, importanti per il suo pensiero. Sottomettendosi al fuoco delle più rigorose discipline interiori, riuscì a viverle e ricostruire per sé l’unità della conoscenza che cercava, tanto che nel 1912, un uomo completamente diverso sbarca in Europa. Un nuovo compito lo attende: dove trovare i mezzi con cui trasmettere questa conoscenza, creando le condizioni in cui altri possano farne a loro volta l’esperienza. Gurdjieff ha circa quarant’anni, a Mosca prima, poi a Pietroburgo, intorno a lui si formano gruppi di uomini in ricerca. Tra di essi P.D. Ouspenskij un giornalista molto noto, uomo di cultura e scrittore, che nutriva un interesse profondo per le tematiche esistenziali e viaggiava molto alla ricerca del “miracoloso”. Fu un incontro determinante per Ouspensky che divenne nel tempo il miglior conoscitore del pensiero e dell’insegnamento di Gurdjieff è grazie a lui e al suo libro – “Frammenti di un insegnamento sconosciuto” che in occidente ne abbiamo notizie.
Ouspensky descrive l’insegnamento di Gurdjieff simile ad una vera e propria ginnastica del corpo e dello spirito, che comprende elementi pitagorici, aspetti dello yoga, danze dei dervisci, precetti cristiani e metodi di disciplina di Ignazio di Loyola, il tutto filtrato attraverso il magnetismo del maestro che esercitava un enorme ascendente sui suoi allievi. I concetti base del suo insegnamento, duro ma efficace, possono essere espressi sinteticamente da queste sue parole:
L’uomo è una macchina che agisce e si muove del tutto inconsapevolmente. È possibile smettere di essere una macchina, ma per questo è necessario prima di tutto conoscere la macchina. Una macchina, una vera macchina non conosce sé stessa e non può conoscersi. Quando una macchina conosce se stessa, smette immediatamente di essere una macchina; per lo meno non è più la stessa macchina di prima. Comincia ad essere responsabile delle proprie azioni . un uomo è responsabile. Una macchina no
Voi siete in prigione, e tutto ciò che potete desiderare se avete del buon senso, è di evadere. Ma come evadere? Occorre perforare un muro, scavare una galleria. Un uomo solo non può fare niente, ma supponete che siano dieci o venti e che lavorino a turno: assistendosi l’un l’altro, possono finire la galleria ed evadere. Nulla può essere portato a compimento senza un organizzazione.
Con queste parole Gurdjieff faceva anche riferimento a quello che fu sempre il suo modo di lavorare: non tanto un rapporto individuale tra maestro e discepoli, quanto tra maestro e gruppo. L’insegnamento di Gurdjieff tendeva sostanzialmente a far prendere atto all’uomo della propria nullità, del “sonno” della propria coscienza, del proprio agire meccanico, per superare tutto questo e acquisire un nuovo e più alto grado di coscienza. “Lavoro cosciente” e “sofferenza intenzionale” sono i modi suggeriti e imposti ai suoi allievi da Gurdjieff , per trascendere lo stato di sonno in cui si svolge normalmente la vita dell’uomo odierno e raggiungere nuovi livelli dell’essere.
Nel 1916 in odore di rivoluzione russa, Gurdjieff, fonda a Tiflis il suo primo “Istituto per lo sviluppo armonico dell’uomo”, gli allievi erano paganti, il che suscitava un certo scandalo. Ma Ouspensky scrive nel suo libro: “Ogni membro pagava mille rubli ogni anno e poteva lavorare pur continuando a svolgere le sue abituali attività. La sua opera, diceva Gurdjieff, non era, e non doveva essere, di tipo caritativo. Se la vita di un uomo è tanto mal organizzata da essere bloccata da una spesa di mille rubli, è preferibile che questa persona non dia inizio a nulla con noi. Per apprezzare una cosa bisogna pagarla!”.
La guerra prima, poi la rivoluzione, lo spinsero a spostare in Francia la sua residenza, si stabilì nel 1922 al Prieuré di Avon, vicino a Fontainebleau, dove fonda il suo vero Istituto e dà inizio alla sua autentica vita pubblica. Il Priorato è frequentato da russi fuggiti a causa della rivoluzione e da notevoli personalità europee, e americane, intellettuali, psicologi, scrittori. Il lavoro era centrato sull’insegnamento, volto a favorire l’armonia della persona, la consapevolezza del proprio corpo e al contempo del proprio spirito. Yoga, danza dervisci, lavoro fisico, calcolo mentale, meditazione erano tutte pratiche tese all’abbandono del sé, della falsa personalità, dell’ego così come ce lo costruiamo nel corso della vita. Gurdjieff era un maestro spirituale di una qualità nuova che accompagnava i suoi allievi a distruggere le false rappresentazioni accumulate nel corso dei secoli e edificare un mondo nuovo. Tutto il suo lavoro era teso a spezzare le catene dell’abitudine, a interrompere la routine esistenziale, a porre un termine al sonno dell’uomo-macchina, a conoscere finalmente se stessi e a divenire autenticamente responsabili delle proprie azioni.
Annunciatore instancabile e orgoglioso della necessità della presa di coscienza, Gurdjieff ricorreva spesso all’esempio della “prigione”, parafrasando il famoso mito della caverna di Platone affermava che l’uomo vive costantemente come prigioniero e schiavo: passivamente sottomesso alla sua nascita, al suo destino, agli astri, privo di uno scopo autentico. Tutto il lavoro al Priorato era destinato al fine dell’autoconoscenza e al risveglio dal sonno della coscienza.
Gurdjieff non attribuiva un’anima immortale a ogni uomo.
Egli diceva che bisogna conquistarsela lavorando duramente durante questa vita e che era importante risvegliare la gente dal suo stato “comatoso”, approfittando dell’occasione che ci viene concessa. Un insegnamento difficile da accettare e poco caritatevole, tuttavia, diceva Gurdjieff non è caritatevole neppure mantenere la gente nel suo stato “comatoso”. “Prima di poter entrare realmente nella sfera d’influenza e di azione delle forze superiori, è assolutamente indispensabile avere un’anima, anima che si può acquisire soltanto con i quattro corpi interamente sviluppati allora un uomo è autentico e possiede numerose proprietà che l’uomo comune non possiede. Una di queste è l’Immortalità”, idea comune in tutte le religioni.
Margaret Anderson sua allieva riporta “L’uomo non ha un’anima, ne ha solo la potenzialità”. Al di là della provocazione, fu proprio questa frase a dischiuderle la comprensione dell’insegnamento di Gurdjieff, che le apparve di una semplicità e logicità infinite – “abbiamo sempre supposto che l’uomo nasca con un’anima, che questo sia il dono che lo distingue dagli animali. Capii però che dire che l’uomo nasce con un’anima non è più vero che affermare che nasce con una capacità artistica. Un uomo può nascere artista nel senso che è predisposto all’arte, ma non la possiederà finché non l’abbia elaborata secondo un procedimento organico di crescita. Deve cioè vivere una vita d’arte. Nello stesso modo un uomo non può avere un’anima finché non vive una vita dell’anima. Finalmente cominciai a capire la ragione degli esercizi di Gurdjieff: lavorai per far funzionare l’anima, esattamente come un pittore lavora con i colori e i disegni per far funzionare la sua pittura”.
Nel 1930 Gurdjieff chiuse il Priorato per troppo lavoro e carenza di collaboratori qualificati. Si trasferì a Parigi dove ricominciò a organizzare gruppi di allievi e periodicamente si recava negli Stati Uniti dove era molto conosciuto ed apprezzato. Morì inaspettatamente a Parigi nel 1949.
Bibliografia:
- Paola Giovetti – “I grandi iniziati del nostro tempo”, Ed. Mediterranee
- L’eredità di G.I.Gurdjieff – https://cesnur.com
- Libri di G.I.Gurdjieff:
- Incontri con uomini straordinari
- Stati di Coscienza
- I racconti di Belzebù a suo nipote
- Vedute sul Mondo Reale
- La vita reale
- Il Nunzio del Bene Venturo
- Incontri con Gurdjieff
*Immagini da Google search