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2 Chakra Sacrale
Autoguarigione

Dall’Oscurità alla Luce – Chakra Sacrale

2 Chakra Sacrale

Il nostro viaggio verso la luce continua lungo la colonna vertebrale. Incontriamo il secondo chakra, “la dimora degli dei” chiamato anche sacro o Svadhishtana in sanscrito, situato sotto l’ombelico, al di sopra del pube, in corrispondenza dell’osso sacro.

L’equilibrio del secondo chakra comprende a livello fisico le ovaie, la prostata, i testicoli, la cavità pelvica, gli organi sessuali ed il sistema immunitario; inoltre è in relazione con una sana sessualità e con la capacità di procreare, regola le relazioni interpersonali esalta la personalità, determina il carisma. Nella sua sfera di influenza troviamo tutte le secrezioni corporee: sangue, linfa, liquido seminale, sudore. Al contempo il disequilibrio del secondo chakra può portare problemi fisici ai reni o alla cistifellea, dolori lombari, rigidità a livello emotivo, attacchi d’ansia e di panico, senso di colpa, chiusura in sé stessi, sbalzi di umore, ricerca esasperata dei piaceri come cibo, sesso, alcol, droghe, ecc.

Il suo colore è il rosso chiaro che rappresenta l’energia creativa, la gioia, l’armonia e la pace. Viene anche chiamato il chakra dell’acqua, elemento che dona la capacità di essere fluidi, flessibili ed adattabili ai cambiamenti, raffigurato come un loto bianco a sei petali di colore rosso con all’interno una mezzaluna.

L’energia del sacro ci porta ad essere empatici, a sentirci in sintonia con tutte le creature viventi nel creato, umani, animali, piante, minerali, montagne, oceani, pianeti, stelle.

Il modo migliore per bilanciare il sacro è essere aperti alla creatività, al piacere di essere e fare, mantenere una vita sessuale sana, rispettare il corpo, accogliere e riconoscere le nostre emozioni, senza reprimerle.

Una delle pietre che può aiutarci a riequilibrare questo chakra, è il RUBINO, pietra della passione e del potere così ben descritta da Eduard Josef Gubelin:

Nessun’altra gemma è in grado di suscitare emozioni così emotive come il rubino…questo faro fiammeggiante deve la sua popolarità al colore maestosamente abbagliante del fuoco rosso che arde.

Il suo nome deriva dal latino ruber che significa rosso, colore da sempre legato al fuoco, al sangue, al coraggio, all’energia, alla passione.

Il rubino è un corindone che si forma quando la temperatura e la pressione permettono al cromo di entrare nella sua struttura cristallina determinandone il colore. Dopo il diamante è il minerale più duro della terra. In Birmania nella “Valle dei rubini” si estraggono i più preziosi al mondo. Il colore più raro ed ambito è chiamato “rosso sangue di piccione”, leggermente purpureo, né troppo chiaro né troppo scuro, mentre il “rubino stellato”, che presenta cristalli aghiformi a forma di stella al suo interno, è ricercato per il suo potere magico-curativo.

La storia del rubino avvolta dal mistero ha attratto gli uomini sin dall’antichità per la sua bellezza e rarità, essa è spesso legata al sangue, al fuoco e al colore rosso. Le leggende legano questa pietra al sangue dei draghi e delle chimere, si narra che i rubini nascono dal cuore della terra e contengano il sangue del pianeta stesso.

Nell’antica India, il rubino era “il re delle gemme”, utilizzato come talismano per l’immortalità. Nei Purana si narra che il dio Sole Surya rubò il sangue di un demone dotato di grandi poteri e fuggendo nei cieli cadde in una distesa d’acqua, dal suo sangue ebbero origine le gemme rosse luminose come il dio. Gli Arii, reputavano il rubino, l’occhio del serpente sacro e ancora oggi si forgiano anelli o bracciali a forma di serpente con un rubino incastonato nell’occhio. I marajà indiani includevano rubini nelle fondamenta delle case per portare buona fortuna e longevità.

I greci chiamavano i rubini antrax che significa “carbone vivo” o ardente una gemma connessa col Dio Sole. Il celebre Sigfrido, eroe delle saghe germaniche, sconfisse i Nibelunghi con la sua spada Burgundi, la cui impugnatura era tempestata da rubini.

Nel Medioevo si associava il rubino ai cavalieri coraggiosi e fedeli ai propri ideali, pietra che li proteggeva dalle avversità perché custode del fuoco divino, il cambiamento di colore inoltre avvisava il proprietario di imminenti pericoli. I guerrieri birmani invece credevano che i rubini rendessero invisibili.

Per i fedeli islamici la pietra nera adorata alla Mecca è un rubino annerito dai peccati degli uomini, altri credono che si tratti dei frammenti incandescenti di stelle cadenti. Il rubino è citato molte volte nella Bibbia e nel Corano come rappresentazione di bellezza e saggezza. Nella religione cristiana il rubino è indossato dagli alti dignitari ecclesiastici a testimonianza del legame con il Cristo e il matrimonio con la Chiesa.

Quasi tutte le stirpi reali del passato hanno fatto a gara per possedere rubini di grande caratura simbolo del loro potere regale. Prendiamo ad esempio la storia antica e travagliata del “Rubino del Principe Nero” che ebbe inizio nel XII secolo quando la gemma era nel regno di Granada tra le mani del sultano Muhammad VI. Una storia che ripercorre i secoli, il cui approdo finale con i suoi 170 carati, è la Corona Imperiale di Stato della Regina Elisabetta d’Inghilterra. Un altro rubino famoso fu quello portato da Alessandro Magno, usato come sigillo da Augusto e dagli imperatori romani fino a Vespasiano, che in seguito divenne il famoso rubino dei re di Francia.

Raffello - Agnolo Doni e Maddalena Strozzi
Nella pittura rinascimentale troviamo spesso il rubino come simbolo di lusso dei personaggi rappresentati e/o di matrimonio. Nell’opera di Raffaello sono raffigurati Agnolo Doni e Maddalena Strozzi sposi novelli (1504-1506)

Nella litoterapia il rubino è considerato la pietra della serenità, a livello fisico favorisce il sonno ed il sogno, la longevità, l’aumento della vitalità, la guarigione delle ferite, la riduzione dei dolori muscolari e quelli mestruali, a livello emotivo promuove la creatività, il coraggio e la gioia di vivere, a livello spirituale, la saggezza.

Vi è un mito famoso inerente alla guarigione ed è quello di Chirone, il centauro ferito. Il suo nome significa colui che cura con le mani. Chirone dedicò la sua vita a guarire le malattie del corpo e dell’anima con erbe e farmaci, fu maestro di Asclepio dio della medicina, a cui insegnò tale arte, fu mentore di Ercole, Aiace, Teseo, Enea e di Achille ai quali insegnò come arrestare le emorragie dovute a ferite di guerra.

Il mito narra che Chirone fu ferito accidentalmente da Ercole al ginocchio, il centauro soffriva perché la freccia era stata intinta nel sangue dell’Idra di Lerna ”pharmakon” potentissimo che distruggeva le cellule del corpo. La ferita non guariva, tanto che Chirone chiese agli dèi di porre fine alle sue sofferenze cedendo la sua immortalità a Prometeo. Il centauro fu trasformato nella costellazione del Sagittario – salendo di ottava riuscì a guarire la sua ferita (Leggi di più).

Una pianta selvatica legata alla guarigione delle emorragie interne ed esterne è la borsa del pastore, che lavora in sinergia con il rubino, grazie all’abbondanza di vitamina K, ricca di proprietà emostatiche, regolatrice dei flussi mestruali troppo abbondanti e dolorosi, utile dopo il parto. Nella tradizione popolare si prepara un vino medicato con questa erba, consigliato anche da Santa Ildegarda per le proprietà sopra elencate.

Bibliografia:

  • Michael Gienger – L’Arte di curare con le pietre
  • Ovidio – Le metamorfosi
  • Dr Gottfried Hertzka e Dr Wighard Strehlow – Medicina delle pietre preziose di Santa Ildegarda
  • Immagine – Edizioni Nomina 2005
La Bussola Interiore
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